Il soffio di un istante: la lezione dei ciliegi in fiore
- Camilla Cavalli
- 28 mar
- Tempo di lettura: 2 min

Ci stiamo avvicinando a uno dei momenti più belli dell’anno. L’aria si fa più mite, le giornate si allungano, e poi accade: i ciliegi fioriscono.
Un soffio bianco rosato si posa sui rami nudi, la città cambia volto, il tempo sembra sospeso.
La bellezza dei fiori di ciliegio è un incanto sottile, struggente. Anche noi, nati a migliaia di chilometri da questa terra, lontani dalla sua filosofia e dai suoi riti, ne restiamo incantati. Perché questa bellezza non è semplicemente estetica, non è la bellezza che si contempla in un dipinto o in una scultura. Ha in sé una punta di commozione.
È qualcosa di più profondo, qualcosa che ci riguarda tutti. Un richiamo antico che affonda nelle radici dell’essere umano: la coscienza dell’effimero. Ciò che ci commuove, ciò che rende il fiore così bello, è proprio il suo destino. Una bellezza che esiste perché destinata a finire. È la sensazione fugace e irripetibile dell’adesso, la percezione vivida di un momento che non tornerà, ed è proprio in questa precarietà che risiede la sua potenza.
Esiste parola che cattura l’essenza della fioritura dei ciliegi: 物の哀れ (Mono no aware). È un termine difficile da tradurre con precisione, ma esprime una sensibilità profonda per la transitorietà delle cose. È la dolce malinconia che proviamo di fronte a qualcosa di straordinariamente bello, proprio perché sappiamo che non durerà.
I giapponesi non temono la nostalgia che accompagna la bellezza effimera: al contrario, la abbracciano. L’hanami, l’usanza di ammirare i ciliegi in fiore, non è solo un’occasione di festa, ma anche un momento di riflessione sulla caducità della vita. I petali che danzano nel vento non sono solo segno di rinnovamento, ma anche un
promemoria della nostra stessa esistenza: fragile, luminosa, fugace.
La bellezza è fragile. Si posa sulle cose come un velo leggero e può svanire con un soffio di vento. E proprio come la bellezza, anche la felicità è fragile. È fatta di attimi, di equilibri sottili, di momenti che spesso comprendiamo fino in fondo solo quando sono già passati.
Ma cosa stiamo guardando, in realtà, quando osserviamo un fiore di ciliegio?
Guardiamo la bellezza e il tempo che scorre. Guardiamo la fragilità e la forza del mutamento. Guardiamo, senza saperlo, uno specchio. Perché quel fiore siamo noi. La nostra vita, il nostro passaggio su questa terra.
E anche se non troviamo le parole giuste per dirlo, sentiamo dentro di noi il legame sottile e profondo che ci unisce a questa visione, come un soffio di vento che scuote i petali e poi svanisce.
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